I supercondensatori per l’energia del futuro

A Caivano la CapTop fondata da un docente universitario di fisica che ha coinvolto colleghi e allievi brillanti. Dai bus elettrici agli smartphone, l’alimentazione sostenibile e alternativa alle batterie si fa sempre più strada.

La mobilità elettrica con i supercondensatori non servirà per sostituire le batterie ma per rendere complementari i due sistemi. Non a caso Tesla, leader nella produzione di velicoli elettrici, ha acquisito la Maxwell che produce supercondensatori; la Toyota li produce in house, l’ABB li ha acquistati in Cina e negli Usa. A riprova che questi dispositivi rappresentano il futuro dell’energia sostenibile». Così Giancarlo Abbate, professore di Fisica della Federico II, introduce la start up CapTop di cui è socio, che è anche spin-off universitario, con sede a Pascarola, Caivano, presso l’azienda OCIMA, specializzata in automazione industriale, che è pure il principale partner. «Abbiamo pensato di focalizzare tutta la nostra attenzione sui supercondensatori – continua Abbate – che sono sistemi importanti sia dal punto di vista dell’energia rinnovabile e sostenibile ma anche da quello economico e della ricerca. Inoltre c’è un ampio un spazio di miglioramento».

Gli ambiti

La start up, nata nel 2017, si occupa di sviluppare la ricerca e la produzione di dispositivi di accumulo energetico detti appunto supercondensatori. I settori di applicazione spaziano in molti ambiti: le energie rinnovabili, l’automotive, lo spostamento di carichi pesanti, le reti elettriche pubbliche e in generale tutti i casi in cui sono richieste grandi potenze energetiche. Ma il team interdisciplinare, formato da fisici, chimici, ingegneri elettronici e di materiali industriali, fa ricerca anche sugli elettrodi al carbone attivo, grafene e altri materiali carboniosi, sulle soluzioni elettrolitiche. «Mi sono appassionato – racconta – perché i supercondensatori hanno un milione di volt superiore alle capacità di quelli normali. Arrivano a migliaia di farad, 3/5milafarad. Abbiamo visto che non c’era nessuno che producesse questi oggetti, solo negli Usa o in Cina. In Europa ci sono piccole o trascurabili aziende». Così il professor Abbate non ha perso tempo e ha deciso di coinvolgere Francesco Ruffo, professore di chimica inorganica, e un altro docente di materiali industriali, il professor Martino Di Serio, entrambi soci della start up. «Abbiamo deciso di iniziare questa avventura coinvolgendo i nostri studenti, tra cui Massimo Melchiorre, che nel 2017 si stava laureando in scienze chimiche, che è diventato un dipendente della start up. Poi c’è un laureato in fisica, Achille Damasco, 27 anni, che attualmente sta svolgendo un dottorato di interesse industriale all’Università di Bath, in Inghilterra. Il terzo giovane, Valerio D’Anna, 23 anni, si è laureato in ingegneria elettronica da pochi giorni, farà parte della squadra, insieme a Claudio Angelo,31 anni, laureato in sociologia che si occuperà del marketing». Ed è proprio Melchiorre, 26 anni, allievo di Ruffo, a descrivere ancora i dettagli del progetto: «L’idea alla base è l’energia sostenibile e l’economia circolare. Il motivo principale che mi spinge a lavorare in questo progetto è proprio la sostenibilità e l’impatto ambientale». A proposito dell’economia circolare, studiate su scarti? Massimo è sicuro di sé: «Partiamo dalle molecole che rappresentano una eccedenza rispetto alle capacità del mercato di assorbirle. Dalla trasformazione chimica degli oli vegetali (trigliceridi)in biodiesel (miscela di metilesteri di acidi grassi), si ottiene come “sottoprodotto” il glicerolo in una quantità pari al 10% in massa. Si può dire – continua Massimo – che partiamo da un rifiuto per sviluppare molecole di interesse applicativo. Dagli oli esausti si produce il biodiesel, sottoforma di valore aggiunto. È una sorta di carburante ma di origine vegetale».

La lattina

Massimo mostra un foglio di alluminio e spiega: «Sono dei fogli ricoperti da strati di carbone poroso, realizzati in partnership con “Laminazione Sottile”, la più grande azienda italiana di alluminio. Questi fogli devono sottostare a specifiche stringenti, come la superficie, a cui vengono applicate tensioni elevate nell’ordine di 7volt». Interviene Abbate: «Il prodotto finale si presenta come una lattina di coca cola, un cilindro a forma di parallelepipedo, più meno delle stesse dimensioni, il cui interno è fatto di materiale semplice». Sono sistemi di accumulo di energia, quando servono la rilasciano. A differenza delle batterie che hanno un ampio uso nell’industria – spiega Massimo – la particolare differenza col supercondensatore è nella velocità di ricarica e nella capacità di erogare le varie potenze. E poi ritorna sull’impatto ambientale: «Rispetto alle batterie che invece richiedono lunghi tempi di ricarica e una potenza di energia molto minore, un sistema combinato di batteria e supercondensatore riesce a produrre performances migliori ed elevate. Anche rispetto alla durata di vita stessa dell’oggetto». Massimo aggiunge: «È tutto il settore dell’energia elettrica che sta avendo un forte trend di crescita, i supercondensatori saranno di grande supporto alle energie rinnovabili. Noi puntiamo ad ottenere prodotti che siano sempre più riciclabili, con durata di vita maggiore senza comprometterne le perfomances. La sostenibilità si raggiunge soltanto se il costo è conveniente e assorbile dalla società». Il professor Abbate dà risalto alle parole di Massimo: «Per quanto riguarda il mercato, pur non sostituendo le batterie nella mobilità elettrica, i supercondensatori stanno diventando complementari ed essenziali nella mobilità elettrica, nei bus elettrici, nei carrelli automatici, nei bus aeroportuali». E poi Ruffo aggiunge: «Ci sarà uno sviluppo esponenziale, ad esempio anche negli smartphone si potranno sostituire le batterie, rinunciando al litio». Dunque state precorrendo i tempi. «Infatti non a caso ci chiamiamo CapTop, “capacità al top” è un vero auspicio». Massimo non è un cervello in fuga: «La mia è stata una scelta. Stare al Sud non è stare sempre male. Però sono stato fortunato ad avere una opportunità. Ecco si tenta di parlare solo dei vantaggi economici di quelli che vanno fuori, ma dei disagi nessuno parla. Per me le carenze sono dell’Italia intera, non solo del Sud».
FONTE: Mattino Sud